Con il disegno di legge di Bilancio 2022 inviato alle Camere, il Governo ridefinisce termini e condizioni di accesso ai Superbonus e più in generale ai differenti bonus per l’edilizia. Se da un lato è apprezzabile che per la prima volta l’Esecutivo abbia definito un piano a medio termine di proroga dei bonus, abbandonando finalmente la strada del rinnovo a fine anno per quello successivo, dall’altro riteniamo che alcuni meccanismi introdotti per la fruizione degli incentivi complichino nuovamente e anche inutilmente l’uso di tali strumenti.
La Rete delle Professioni Tecniche ritiene non solo inutile ma fortemente svilente la nuova norma (contenuta nell’art. 8 del disegno di Legge di Bilancio 2022) che di fatto non consentirebbe più alle unità immobiliari unifamiliari (incluse le così dette villette) di accedere al Superbonus 110% a partire dal 2022 salvo per i proprietari con Isee che non superi i 25.000 euro annui. Da ciò che si comprende dal Disegno della legge di Bilancio, inoltre, continuerebbero ad usufruire di detrazioni al 110% solo le unità unifamiliari per le quali al 31 settembre 2021 risulti effettuata la comunicazione di inizio lavori asseverata.
C’è da chiedersi con quale criterio il Governo preveda di escludere dall’intervento straordinario con Superbonus 110% proprio le abitazioni unifamiliari, cioè una parte rilevante del patrimonio edilizio, in molti casi, vetusto ma di pregio in quanto incluso nei centri storici di molti borghi oggi a forte attrazione turistica. Si pensi in particolare alla dorsale appenninica, un’area che vive la contraddizione di essere di grande pregio dal punto di vista paesaggistico e culturale, con centri urbani di valenza storico-artistica, ma sottoposti a grave rischio sismico.
Vale inoltre ricordare che più del 60% dei 3 miliardi di metri quadri di immobili residenziali in Italia sono stati costruiti prima del 1977 (con norme poco o per nulla evolute in termini di risparmio energetico e prevenzione sismica), oltre 4 milioni di persone vivono in case danneggiate e più di 6 milioni di persone risiedono in case gravemente umide.
Inoltre, scarsa attenzione viene posta da tutti, nessuno escluso, alla messa in sicurezza degli edifici almeno delle aree a maggiore rischio sismico del Paese. Nelle prime due zone a maggiore rischio sismico sono presenti oltre 4 milioni di abitazioni sulle quali, finora, dire che si è intervenuti sporadicamente è un eufemismo. Si tratta di centri di piccole dimensioni in cui insistono per lo più proprio quelle unità immobiliari unifamiliari su cui non si potrà utilizzare la detrazione al 110% se non nei casi di proprietari con livelli di reddito piuttosto contenuti. Abbiamo, dunque, un patrimonio edilizio da risanare e da rimettere a valore e solo i Superbonus 110% rappresentano una sorta di “finestra temporale” importante per realizzare un piano di intervento di ristrutturazione e messa in sicurezza, che darà valore all’intero sistema Paese.
Siamo arrivati ad un bivio e occorre prendere atto che la politica dei Superbonus sconta una difficoltà di visione delle Istituzioni sui reali costi dell’intervento che dovrebbero essere valutati alla luce dei benefici economici e soprattutto sociali attivati, come evidenziato da una recente analisi del Centro Studi CNI. Occorre decidere, infatti, se si vuole che i Superbonus siano uno strumento per realizzare in modo efficace quel piano estensivo di interventi sul patrimonio edilizio per raggiungere i livelli di risparmio energetico che l’Italia si è impegnata a realizzare nei confronti dell’Unione Europea o se intendiamo intervenire a “macchia di leopardo”, in modo estemporaneo e disorganico. Questa seconda opzione non serve a nessuno e non farebbe onore al nostro Paese ed allo sforzo messo in campo.
Il Governo ha dato un segnale importante, stabilendo un orizzonte che, pur con la progressiva riduzione delle percentuali di detrazione, arriverà al 2025. Riteniamo però che non abbia molto senso avere escluso da questo processo a medio termine una parte dei potenziali fruitori, in particolare i proprietari di immobili unifamiliari, tanto importanti e strategici quanto gli edifici in condominio.
L’RPT intende chiedere al Governo ed al Parlamento di tenere aperta la linea del dialogo al fine di operare urgentemente alcuni aggiustamenti alle norme della prossima Legge di Bilancio per far sì che i Superbonus 110% possano realmente, entro il 2025, dispiegare appieno i propri effetti, nel rispetto degli equilibri che occorre mantenere nei conti pubblici.
“Riteniamo opportuno e urgente – afferma Armando Zambrano, Coordinatore RPTche vengano apportate modifiche sostanziali alle norme contenute nell’attuale versione del punto d) dell’art. 8 del disegno di legge di bilancio 2022, là dove si fa riferimento alla fruizione dei Superbonus 110% da parte dei proprietari di unità immobiliari unifamiliari. Introdurre in questa fase ulteriori modifiche ed eccezioni alle già complesse norme originarie significa creare confusione e, soprattutto, in questo caso escludere una parte consistente e strategica della “platea” di immobili su cui i Superbonus potrebbero dispiegare effetti rilevanti. Il piano di risanamento del patrimonio edilizio va visto come un tutt’uno che deve procedere nel tempo in modo uniforme per tutti gli edifici ed in tutte le aree del Paese. Si tratta di un punto essenziale se vogliamo massimizzare gli sforzi che si sono messi in campo”.
“Siamo convinti inoltre – prosegue Zambrano – che agire come fatto finora su tutte le tipologie di immobili sia possibile. Le stime elaborate mettono in evidenza che la spesa nella filiera dell’edilizia incentivata dallo Stato, attiva consistenti livelli di produzione e valore aggiunto in grado di compensare, con effetti espansivi sul sistema economico, il disavanzo che si genera nel bilancio dello Stato. Questo consente di guardare al disavanzo stesso in una prospettiva di “sostenibilità” se, come ormai è stato stabilito, gli interventi si limitano ad arrivare al 2025.”