Il numero di donne nel settore dell’Ingegneria nel nostro Paese risulta in progressivo aumento, al punto da collocarlo tra le nazioni al vertice in Europa. Un dato assai lusinghiero per l’Italia, dal momento che da più parti si lamentano da sempre eccessive differenze di genere. Come attesta il rapporto del Centro Studi CNI, infatti, la quota di laureate in questa disciplina nel 2017 è stata del 28%, laddove agli inizi degli anni 2000 si attestava appena al 16%. Attualmente si stima che del totale della popolazione con laurea in ingegneria, il 19% sia rappresentato da donne. Un confronto con i principali Paesi Europei mette in evidenza come l’Italia risulti seconda solo alla Svezia come percentuale di laureate in ingegneria (28% contro il 29,1% del paese scandinavo), nettamente davanti a Danimarca e Norvegia.
Il rapporto mostra come in Italia stiano cadendo progressivamente gli ostacoli culturali che ancora fanno percepire le discipline tecniche, l’ingegneria in particolare, come ostiche, più alle donne che agli uomini. Siamo lontani da traguardi di equità e di parità di genere ma l’Italia si è inserita in un solco positivo che va ulteriormente coltivato. Questa tendenza è confermata dal numero delle iscritte all’Albo professionale, in moderato aumento. Le donne ingegnere aderenti al sistema ordinistico sono attualmente quasi 37.000, il 15,3% del totale degli iscritti, mentre erano il 12% nel 2012.
“Le donne ingegnere – afferma Armando Zambrano, Presidente CNI – sono una risorsa determinante per l’evoluzione del sistema ordinistico e vitale per lo sviluppo e l’innovazione della professione. Dieci Ordini provinciali sono presieduti da una donna ingegnere: un apprezzabile risultato, anche se occorre fare di più. Occorre fare tesoro di questa fase di crescente accesso delle donne al settore dell’ingegneria e, più in generale, alle discipline STEM ed al mercato delle professioni tecniche. Non si tratta, dal nostro punto di vista, di garantire politiche che ‘tutelino’ o rappresentino in modo “distintivo” le donne nel mercato del lavoro. Si tratta, invece, di cogliere la portata di questo cambiamento, che riguarda l’intera collettività indistintamente, e di offrire alle iscritte all’Albo dei servizi utili all’esercizio della professione e strumenti di welfare che permettano la conciliazione dei tempi di lavoro con quelli della famiglia, affinché tutti possano perseguire liberamente e in condizioni di parità le proprie aspirazioni nei percorsi di carriera. Infine, comprendere meglio quanto e come la presenza femminile sta cambiando il settore dell’ingegneria può servire a focalizzare meglio strumenti e politiche che garantiscano parità delle opportunità offerte dal mercato del lavoro, un principio, questo, che sicuramente renderebbe migliore il nostro Paese”.
“Bisogna lavorare ancora per la partecipazione delle colleghe ingegnere nei ruoli apicali, un Consiglio d’Amministrazione dove ci sono donne con una specializzazione settoriale, che garantirebbero un equilibrio in relazione alle prese di posizioni, direttive organizzative e raggiungimento degli obiettivi -commenta Ania Lopez, Consigliere CNI - Da sempre le donne hanno portato avanti diverse attività sia da un punto di vista intellettuale che “gestionale”, soprattutto a livello familiare. Dobbiamo lavorare per diminuire questo gap, richiamato nel goal 5 della Agenda 2030 “Sustainable Development Goals” delle Nazione Unite. Noi come CNI abbiamo aderito a tante iniziative in programma attraverso l’Organizzazione Mondiale degli Ingegneri (WFEO), organismo riconosciuto dell’UNESCO”.
“Dietro i numeri rappresentati nella nostra ricerca – dice Giuseppe Margiotta, Presidente del Centro Studi CNI – c’è la consapevolezza che più donne nel mercato del lavoro significa più benessere, più equilibrio sociale, più crescita ma, soprattutto, più equità in termini di opportunità, cosa che nel nostro Paese spesso manca. E’ sufficiente guardare ai dati sui divari di genere per capire l’entità del fenomeno e per comprendere quanta strada vi sia ancora da percorrere”.
Secondo il rapporto, in Italia ci sono 765mila laureati in ingegneria. Di questi circa 150mila sono donne, pari appunto al 19%. Tra le altre cose, l’incrocio dei dati tra immatricolati e laureati suggerisce che le donne ottengono risultati migliori nel corso degli studi rispetto ai colleghi maschi. La componente femminile, infatti, che è pari a circa un quarto del totale tra gli immatricolati, sale al 25,9% tra i laureati di primo livello e al 30,5% tra i laureati magistrali. Altro dato significativo è quello relativo alla percentuale di laureate in ingegneria occupate: ben il 74%. Persiste, tuttavia, un certo “gender gap” sul piano reddituale. Una laureata in ingegneria, a cinque anni dalla laurea, percepisce circa 1600 euro netti mensili, contro i 1800 euro dei colleghi maschi.
Tutti i dati sono disponibili nel rapporto allegato