Italia sempre meno attraente per i professionisti provenienti dall’estero. E’ quanto emerge dai dati raccolti dal Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri sui riconoscimenti dei titoli professionali conseguiti all’estero.Le cifre parlano chiaro: negli ultimi due anni, il numero di riconoscimenti è passato dai 3.355 del 2011 ai 2.033 del 2013, con una contrazione di oltre il 39%.
"Questi risultati – afferma Luigi Ronsivalle, Presidente del Centro Studi del CNI - confermano come la scarsa mobilità dei professionisti verso il nostro paese sia imputabile, non tanto a problemi di carattere legislativo, quanto alle sempre più ridotte possibilità occupazionali presenti in Italia. Una situazione che spinge, al contrario, sempre più spesso i professionisti italiani a cercare fortuna all’estero".
Tra i professionisti "riconosciuti", ben 792 sono infermieri, 226 odontecnici e 370 laureati italiani in giurisprudenza che, per aggirare l'ostacolo dell'esame di Stato per l’accesso alla professione di avvocato, vanno ad acquisire il titolo professionale all'estero.
Se si escludono queste categorie particolari, i numeri di riconoscimenti assumono un carattere del tutto residuale: 147 medici chirurghi, 83 fisioterapisti, 62 ingegneri e 59 medici specialisti.
Per quanto riguarda la degli ingegneri, l’83,9% ha ottenuto il riconoscimento della validità del titolo per l’accesso alla sezione A, mentre il restante 16,1% è composto da ingegneri iuniores. Il flusso di ingegneri più consistente proviene dalla Romania (22,6%), mentre una quota identica ha la cittadinanza italiana. Questi ultimi sono in prevalenza emigrati di seconda generazione che provano a rientrare nel paese d’origine. Per il 58,1% si tratta di uomini e l'età media degli ingegneri a cui è stato riconosciuto il titolo estero è di 36 anni.
Nel 21% dei casi è stato concesso il riconoscimento completo del titolo di ingegnere, mentre nel restante 79% si è resa necessaria una misura integrativa.
I risultati confermano come la scarsa mobilità dei professionisti verso il nostro paese sia imputabile essenzialmente alle sempre più ridotte possibilità occupazionali presenti in Italia. Una situazione che spinge, al contrario, sempre più spesso i professionisti italiani a cercare fortuna all’estero.