La Rete Professioni Tecniche ha partecipato ieri all’audizione presso le Commissioni 8a Lavori Pubblici e 13a Ambiente del Senato, in merito al cosiddetto “Sblocca cantieri”. La delegazione era guidata dal Coordinatore Armando Zambrano e composta dai consiglieri Maurizio Savoncelli, Francesco Peduto, Mario Braga e Rino La Mendola.
I rappresentanti della Rete hanno sottolineato come la lettura del testo del Decreto in realtà non confermi le promesse che l’hanno preceduto e consenta di fatto non molte accelerazioni e semplificazioni delle procedure ad evidenza pubblica e dei “cantieri”, agendo di nuovo più sulla fase di selezione del contraente che dell’esecutore.
In particolare le più evidenti criticità riguardano le disposizioni su appalto integrato, offerta economicamente più vantaggiosa, incentivo ai dipendenti tecnici P.A., estensione ambito di applicazione procedura aperta. In particolare, il Decreto Legge apre la deroga al divieto di ricorrere all’appalto integrato. Inoltre, consentirebbe di effettuare interventi di manutenzione, anche straordinaria, di opere pubbliche in mancanza di una adeguata progettazione. Sul tema dell’appalto integrato, che prevede l’affidamento di progettazione ed esecuzione ad un unico soggetto, da tempo i professionisti esprimono le loro forti contrarietà. Tanto per cominciare ogni appalto per l’esecuzione di opere pubbliche non può prescindere da una propedeutica redazione di un progetto esecutivo di qualità, redatto da un progettista qualificato secondo criteri precisi, incaricato dalla pubblica amministrazione e redatto sotto il controllo di quest’ultima. L’appalto integrato è una procedura anomala, che relega il progettista ad un ruolo marginale nel processo di esecuzione delle opere pubbliche, dovendo spesso basarsi su un progetto definitivo non sempre adeguato, redatto direttamente dalla p.a. Infatti alimenta nuove varianti in corso d’opera, contenziosi, extracosti, allungamento dei tempi e, in definitiva, opere incompiute, come avvenuto purtroppo nel passato, tanto da essere ampiamente ridimensionato dal vigente codice. Si è proposto pertanto l’abbandono di questa procedura, peraltro temporanea, che collide chiaramente con le auspicate politiche di rilancio della qualità del progetto nei processi di trasformazione del territorio. I professionisti della RPT sono fermi nella loro convinzione, dettata dall’esperienza, che tutti i lavori debbano essere affidati sulla base di un progetto esecutivo di qualità.
Il Decreto reintroduce l'incentivo del 2% per i dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici. Nell’attuale versione, l’incentivo ai tecnici della P.A. potrà essere assegnato esclusivamente per le attività di progettazione, di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, di verifica preventiva della progettazione e non più per le attività di programmazione della spesa per investimenti, di valutazione preventiva dei progetti, di predisposizione e di controllo delle procedure di gara e di esecuzione dei contratti pubblici, come sarebbe più corretto. Per la Rete Professioni Tecniche, tale impostazione travisa il ruolo dei dipendenti pubblici, che non dovrebbero ricevere incentivi extrastipendiali per attività ordinarie, ma dovrebbero semmai essere valorizzati soprattutto nell’ambito del controllo dell’intero processo di esecuzione delle opere pubbliche, riservando prioritariamente la progettazione ai liberi professionisti. Per tali ragioni i professionisti tecnici ne propongono lo stralcio ovvero la soppressione. In ogni caso, devono avere i requisiti di competenza ed esperienza richiesta dal codice per i progettisti, in modo da assicurare la redazione di valide progettazioni. Inoltre, non appare condivisibile l’affidamento dei lavori di manutenzione sulla base di un progetto sommario, peraltro privo di elaborati e documenti indispensabili per lo stesso appalto dei lavori.
Oltre a queste materie, la Rete Professioni Tecniche ha avanzato alcune proposte migliorative in tema di sisma e testo unico dell’edilizia. L’Articolo 23 del Decreto detta disposizioni relative all’accelerazione della ricostruzione pubblica nelle regioni dell’Italia centrale colpite dagli eventi sismici iniziati il 24 agosto 2016. In particolare prevede che le istruttorie per il rilascio delle concessioni di contributo e di tutti gli adempimenti conseguenti possano essere curate dai comuni, d’intesa con l’Ufficio speciale per la ricostruzione. Questo passaggio però si presta a problematiche applicative complesse, stante la disomogeneità sotto molteplici profili dei vari comuni, sicché la Rete propone la previsione di una linea guida ovvero di una circolare unitaria dell’USR competente, anche al fine di evitare disomogeneità foriere di ritardi e contenziosi.
L’Articolo 3 del Decreto, infine, reca disposizioni in materia di semplificazione della disciplina degli interventi strutturali in zone sismiche e cita in più punti il Testo unico dell’edilizia anche in riferimento a materia edilizia generale. Le modifiche intervengono su articoli che trattano i delicati argomenti della denuncia delle opere strutturali, del collaudo statico, dell’autorizzazione sismica. L’intento della nuova norma è quello di semplificare le procedure per gli interventi più semplici. A tal proposito la Rete ha avanzato le seguenti proposte: maggiore semplificazione mediante l’eliminazione dell’autorizzazione per gli interventi su edifici esistenti; chiara distinzione tra interventi di minore rilevanza e quelli privi di rilevanza ma senza differenziarne poi la trattazione; eliminazione per le sopraelevazioni della certificazione del competente ufficio tecnico regionale; modalità di corretta definizione delle pratiche aperte nel caso di presentazione di eventuali varianti in corso d’opera.