Il 2015 si chiuderà con una crescita del Pil tra lo 0,8 e lo 0,9%, al di sotto delle aspettative prefigurate a metà anno. Nonostante tutto i dati più recenti confermano la fine della lunga fase di recessione. I consumi privati hanno indubbiamente ripreso tono e, soprattutto, gli investimenti sono previsti in crescita dell’1,1% dopo un lungo e pericoloso ciclo declinante. Cifre col segno più ma non certo entusiasmanti.
Stime alla mano, il Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri sottolinea infatti che, nonostante la fine della crisi,in nessun caso l’Italia a fine 2015 si riporteràai livelli del 2008. Il Pil, infatti, non supererà 1.550 miliardi di euro, lontani dai 1.670 miliardi del 2008. Gli investimenti fissi lordi potrebbero attestarsi sui 259 miliardi di euro, contro i 357 miliardi di euro del 2008. Inoltre, sebbene il Pil sia in ripresa,resta uno dei più bassi degli ultimi 8 annie gli investimenti tra i più bassi degli ultimi 15 anni. Non solo. Se anche le stime per il 2016 e per il 2017 dovessero confermarsi, sia il Pil che gli investimenti si manterranno comunque al di sotto dei valori di inizio crisi.
“I dati del nostro Centro Studi – ha commentato Armando Zambrano, Presidente del CNI - indicano che la strada della ripresa per il nostro Paese è molto stretta. I primi segnali di inversione del ciclo certamente ci sono. Per l’area dell’ingegneria, ad esempio, ci sono buone notizie, visto che il sistema produttivo ha espresso una domanda di ingegneri in crescita di oltre il 30% nel 2015 rispetto all’anno precedente. Occorre però fare i conti con la realtà complessiva della nostra economia, anche per capire con pragmatismo quali sono i limiti della crescita del nostro Paese e quali politiche mettere in campo per irrobustire una ripresa che appare, in verità, molto fragile”.
“E’ fragile – spiega Zambrano - perché né quest’anno né nei prossimi due anni recupereremo le posizioni pre-crisi in termini di Pil e di investimenti, mentre gran parte dei nostri partner europei hanno già da tempo riacquisito le posizioni perse. Il Pil italiano, tra il 2008 ed il 2014 a valori correnti si è ridotto quasi dell’8% a fronte di un incremento del 2,1% in Francia, del 4,2% in Germania e del 4,5% nel Regno Unito. E la situazione appare più drammatica se si guarda al Pilprocapite, sceso di oltre 1.400 euro in Italia e aumentato di oltre 2.800 euro in Germania. Non si può rimanere impassibili di fronte a questi dati. L’allargamento della nostra “distanza” dall’Europa è un fenomeno che ci preoccupa molto. Occorre poi considerare che la crescita dello 0,8%/0,9% per il 2015 è tutta o quasi attribuibile alla dinamica di crescita del Centro-Nord, mentre il Sud prosegue in una deriva di declino che tutti dobbiamo impegnarci a contrastare”.
Il Centro Studi del CNI rileva, inoltre, come gli investimenti continueranno ad essere una variabile fortemente critica nell’anno in corso. Infatti a crescere nel 2015 è essenzialmente la componente dei macchinari ed attrezzature, mentre la componente delle costruzioni – la più consistente degli investimenti fissi lordi (pari al 50% del valore totale) – nell’anno in corso è stimata dall’Istatancora in rallentamento. Nell’ipotesi più ottimistica gli investimenti in costruzioni non supereranno i 130 miliardi di euro: nel 2008 gli investimenti in costruzioni erano pari a 194 miliardi di euro. Ancora più preoccupante, sottolinea il Centro Studi, il fronte degli investimenti in opere pubbliche.Dopo un drammatico ciclo declinante, per il 2015 le fonti più accreditate stimano una crescita del 3,5%, che porterebbe tuttavia la spesa per opere pubbliche a poco più di 26 miliardi di euro, meno di quanto si spendeva nel 2000 (29 miliardi di euro) e fortemente al di sotto del periodo compreso tra il 2007 e il 2012, quando si sono registrate punte di 41 miliardi di euro.Sebbene anche per il sistema delle costruzioni il ciclo
recessivo risulta definitivamente chiuso, l’idea di un rapido recupero delle posizioni perse appare
impossibile e spinge quindi a pensare ad un graduale cambiamento degli interventi di politica economica.
Cosa fare, allora, per accelerare la ripresa riportando il Paese agli stessi livelli dei principali partner europei? Occorre trovare e rimettere in circolo energie nuove, che certamente al Paese non mancano.Il Centro Studi CNI individua4 ambiti nei quali le politiche economiche dovrebbero operare in forte discontinuità con il passato, cercando di innescare veri e propri acceleratori della crescita.
A spiegarcelo è, ancora una volta, il Presidente CNI Zambrano. “Se guardiamo ai diversi ambiti in cui l’ingegneria è presente ed ha un ruolo forte – afferma - emergono almeno 4 potenziali acceleratori della crescita. Intanto la Manifattura 4.0, ovvero la commistione molto forte tra processi manifatturieri tradizionali e servizi ad elevato valore aggiunto (cloud, software, outsourcing, servizi di progettazione, progettazione di impianti, studi di ingegneria e consulenza in campo tecnico). Si tratta di un comparto che coinvolge più di 700.000 imprese e più di 2 milioni di addetti in grado di offrire servizi di livello avanzato in che si integrano con la manifattura tradizionale, generando nuovi fattori competitivi. A seguire la Manifattura Additiva legata alle Stampanti 3D utilizzate nei processi produttivi dei comparti più tradizionali. Le stime più accreditate indicano un possibile incremento di 16 miliardi di euro, in un anno, nel sistema delle PMI operanti nei principali comparti manifatturieri se si facesse ricorso estensivo a processi additivi. Quindi una decisa politica di incentivo alla ricerca e sviluppo in alcuni settori medium
e hi-tech per i quali l’Italia non registra elevati livelli di specializzazione ma che sono risultati altamente performanti; tra il 2008 ed il 2014 il Centro Studi CNI calcola un incremento del 38% dell’export di prodotti italiani hi-tech a fronte di un incremento dell’8,9% del sistema manifatturiero complessivo: dalla meccanica all’elettronica, dal settore farmaceutico a quello degli apparecchi per l’information technology abbiamo numeri e capacità per competere”.
“L’ultimo asse della crescita – conclude Zambrano - riguarda le opere pubbliche. Dopo la presa d’atto del sostanziale fallimento della legge Obiettivo del 2001, il Governo appare orientato a definire un nuovo piano strategico per le infrastrutture e per la logistica. Occorre tuttavia passare molto rapidamente dai programmi ai progetti esecutivi e all’apertura dei cantieri, seguendo procedure più snelle e trasparenti in materia di appalti pubblici, ponendo una cesura netta con quanto accaduto negli ultimi 15 anni. La decrescita del settore negli ultimi anni è stata abnorme e non interrompere questa spirale potrebbe essere fatale per l’economia del Paese.”