Ing.Ronsivalle, come valuta la condizione attuale dei liberi professionisti in Italia, in particolare gli ingegneri?
“Le considerazioni che abbiamo fatto in occasione dell’uscita dell’ultima pubblicazione del Centro Studi sul Monitoraggio dei bandi di gara per i servizi di ingegneria trovano conferma nel sondaggio, effettuato sempre dal nostro Centro Studi, in occasione di questo 60° Congresso nazionale di Venezia. Purtroppo la libera professione pare essere attanagliata da una crisi irreversibile, tanto più grave in quanto diventa sempre meno ambita e praticata dalle nuove generazioni di ingegneri”.
Quali sono le ragioni a suo avviso?
“Le ragioni sono legate ad una molteplicità di fattori concomitanti che vanno dalle radicali trasformazioni avvenute nel mercato dei servizi di ingegneria, spesso legate ad una abnorme e non sempre coerente produzione legislativa, alla crescente pressione competitiva, alla contrazione della domanda interna sia in ambito pubblico che privato, dovuta ad una crisi ormai decennale. I professionisti subiscono anche una crisi di efficienza operativa: la competenza tecnica non è più sufficiente per affrontare le sfide del mercato, occorre anche una visione manageriale del proprio lavoro. La capacità di svolgere in modo adeguato l’attività professionale non può più essere disgiunta da quella di acquisire commesse, di razionalizzare il lavoro anche in funzione del contenimento dei costi e del mantenimento di standard di qualità elevati. Il professionista in Italia deve anche fare i conti con una committenza non sempre matura e competente. Pertanto l’efficientamento della propria organizzazione professionale potrebbe non trovare adeguato apprezzamento nel mercato, se non nei grandi appalti o nelle commesse di elevato valore tecnico-economico. Il privato cittadino tende ancora a rivolgersi al piccolo professionista locale con il quale ritiene di poter intraprendere un rapporto più confidenziale e ottenere il minor prezzo, spesso senza curarsi della qualità del servizio offerto. Si è dibattuti pertanto fra la necessità di ampliare la propria organizzazione per aumentarne la competitività e il raggio di azione e la tendenza a rimanere piccoli in quanto il processo di crescita professionale può comportare difficoltà non superabili in termini di risorse finanziarie necessarie e di rigidità di gestione”.
A suo avviso, esiste una soluzione a questa impasse?
“Una soluzione al problema di razionalizzazione e miglioramento gestionale potrebbe essere rappresentata da contratti di rete analoghi a quelli esistenti e contemplati nella legislazione italiana per le PMI. Attraverso contratti di rete si potrebbero migliorare la propria competitività, aumentare l’efficienza operativa, diminuire i costi di gestione realizzando economie di scala, raggiungere un più vasto numero di possibili clienti sfruttando diverse competenze specialistiche, accedere a grandi commesse, senza necessariamente rinunciare alle piccole. La legislazione italiana disciplina i contratti di rete per le PMI, a partire dal D.L. 5/2009, fino al DL 179/2012, e contempla una serie di agevolazioni, dai quali i liberi professionisti sono esclusi”.
A questo proposito, i liberi professionisti nel loro complesso lamentano di essere completamente trascurati dalle iniziative del Governo.
“Esatto, proprio così. Fra i vari fattori che contribuiscono alla crisi delle professioni dobbiamo annoverare qualcosa di più di una semplice distrazione del legislatore. Si potrebbe arrivare a definirla quasi un’avversione dello stesso nei confronti di quella che dovrebbe essere riconosciuta come una importantissima leva del sapere e della crescita economica del Paese. Possiamo solo sperare che prima o poi si registri un’inversione di tendenza e che qualcuno si accorga di cosa e quanto si stia sprecando”.