Il 2014 passa agli archivi come un anno positivo per i servizi di ingegneria e architettura. Dopo cinque anni consecutivi col segno meno, infatti, questo mercato è tornato a crescere: gli importi posti a base d’asta hanno superato 8,2 miliardi di euro, quasi 2 miliardi in più rispetto al 2013. Ciò è dovuto anche al fatto che gli importi a base di gara, non considerando i costi di esecuzione, sono aumentati del 15,3%, arrivando a toccare quota 446 milioni di euro, contro i 387 del 2013. Nonostante si resti ancora molto lontani dai livelli pre-crisi del 2007-08, i dati inducono a un moderato ottimismo, sebbene la ripresa risulti ancora modesta e poco stabile.
E’ quanto emerge dall’analisi annuale sui bandi per i servizi di ingegneria e architettura effettuata dal Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri. Lo studio mostra anche come i liberi professionisti abbiano visto aumentare la propria quota di mercato. Si sono aggiudicati, infatti, il 14,6% delle somme stanziate (senza esecuzione lavori), contro l’11,4% del 2013. Tuttavia, tale incremento risulta determinato dall’aumento degli appalti affidati piuttosto che dall’entità dei singoli importi. Per i liberi professionisti, dunque, si rafforza la tendenza ad aggiudicarsi solo piccole gare caratterizzate da importi contenuti. In media essi ricavano compensi per 28mila euro, contro i 366mila delle società e i 440mila dei consorzi.
“L’aumento degli affidamenti nelle gare per la realizzazione di opere pubbliche – ha commentato Luigi Ronsivalle, Presidente del Centro Studi CNI - indubbiamente induce ad un moderato ottimismo. Del resto, i primi consistenti segnali di crescita economica sono evidenziati anche dai dati sull’incremento dell’occupazione degli ingegneri rispetto agli anni scorsi”.
“Va anche aggiunto – ha proseguito Ronsivalle – che permane la situazione di svantaggio dei liberi professionisti. Eppure dei piccoli professionisti non si può fare a meno perché sono certamente più adatti a gestire la miriade di piccole opere che difficilmente riscuoterebbero l’interesse delle grandi società. Tuttavia, a causa degli eccessivi ribassi e della esclusione di fatto dalle gare maggiori, essi non sono adeguatamente valorizzati”.
“La soluzione – ha concluso Ronsivalle - sarebbe trovare forme di aggregazione diverse e più agili che consentano ai singoli di mantenere un’autonomia amministrativa e strutture operative molto snelle, pur non perdendo la possibilità di partecipare alle gare più importanti. Penso ad esempio a qualcosa di simile alle reti di piccole e medie imprese, che vedano un riconoscimento nelle norme per gli appalti pubblici, tema che il Centro Studi si è ripromesso di approfondire”.
La marginalizzazione sottolineata da Ronsivalle è determinata soprattutto da due fattori. Da un lato le stazioni appaltanti in media chiedono alle società la presenza di almeno sei professionisti, il che taglia fuori dagli appalti più importanti gran parte degli studi professionali. D'altra parte, la quasi totalità dei bandi, in violazione delle indicazioni dell’Anac, richiede ai partecipanti un fatturato superiore al doppio dell’importo messo a gara. Altro elemento che taglia le gambe ai piccoli studi di professionisti.
Infine, sebbene sia stata più volte denunciata, secondo il Centro Studi CNI nel 2014 è proseguita la corsa ai ribassi: il loro valore medio è stato del 35,2%, con punte dell’86%. Inoltre, nonostante nello stesso anno sia entrato in vigore il cosiddetto “Decreto parametri”, solo il 41,8% dei bandi ha fatto riferimento ad esso nel calcolo del corrispettivo da porre a base d’asta.