Modernizzare e rendere più efficiente la Pubblica Amministrazione, è una sfida persa? Sembrerebbe di si. Nonostante molteplici interventi e riorganizzazioni, la “macchina pubblica” resta in gran parte obsoleta rispetto ai grandi cambiamenti che il Paese deve affrontare. Questa è la conclusione cui sono giunti gli ingegneri italiani stando ad una ricerca del Centro Studi CNI avente per oggetto le figure dei responsabili dei servizi ICT delle diverse pubbliche amministrazioni, presentata oggi nel corso della Tavola rotonda “Ingegneri, Pubblica Amministrazione: scenari possibili e innovazione di sistema”, organizzata nell’ambito del 60° Congresso.
“La modernizzazione degli Enti pubblici – ha sottolineato Luigi Ronsivalle Presidente del Centro Studi CNI - resta sostanzialmente un miraggio, per eccesso di norme, spesso inapplicabili, procedure lente, cattiva organizzazione del lavoro. Il 41% degli ingegneri intervistati dal Centro Studi CNI a settembre 2015 indica tra le principali cause della mancata ripresa del Paese la presenza di una Pubblica Amministrazione inefficiente e inefficace. Le classifiche mondiali continuano a porre l’Italia sempre e inesorabilmente agli ultimi posti per inefficienza delle procedure e per i rapporti con il cittadino e le imprese. Oltre il 60% dei 117.000 ingegneri che operano come dipendenti pubblici considera la PA inadeguata ai compiti complessi che in questo momento di crisi il Paese richiede”.
Quasi il 60% degli ingegneri che operano come dipendenti pubblici ha indicato che la propria struttura di appartenenza non ha investito né in capitale umano né in innovazione negli ultimi anni. La situazione si ribalta se si considera il settore privato dove questa percentuale scende al 40%. Particolarmente debole l’orientamento della PA alle “nuove” tecnologie, come le ICT. Su un campione di 447 amministrazioni analizzate da Banca d’Italia, solo il 10% dispone di piattaforma in grado di dialogare con i cittadini, di svolgere pratiche e di effettuare pagamenti on line. Tra le principali cause dello scarso sviluppo delle ICT nella PA viene segnalata la carenza di personale qualificato. Non è raro che funzioni complesse vengano assegnate a personale con competenze discutibili. Scarsa appare oggi l’attenzione al ruolo ed alle funzioni che possono essere svolte solo da figure tecniche, come ad esempio gli ingegneri.
“Quello della non corretta collocazione delle figure tecniche nella PA – ha sottolineato Armando Zambrano, Presidente del CNI - appare come uno degli aspetti più complessi che emergono dall’indagine effettuata dal nostro Centro Studi. Gran parte degli ingegneri che operano in una struttura pubblica ritiene che i ruoli dirigenziali di tipo tecnico siano rivestiti spesso da personale che non possiede competenze tecniche. La nomina discrezionale di dirigenti e funzionari consente ormai tale distorsione, che nei fatti sembra ormai discriminare proprio il personale con competenze tecniche”.
I dati forniti dal Centro Studi CNI lo dimostrano: non tutti i dirigenti e funzionari risultano essere laureati. Nel 14% si tratta di diplomati: dei 495 laureati censiti, il 53% ha una laurea di tipo tecnico, nei casi restanti no. Inoltre, dei 495 laureati, solo 230, pari al 46%, dispone di laurea che consente l’accesso al “Settore Ingegneria dell’Informazione” dell’Albo Ingegneri.
Questi dati trovano riscontro nel sentiment che gli ingegneri italiani hanno sul tema. Per ben l’83% degli iscritti all’Albo che lavorano nel pubblico uno degli aspetti più critici è la presenza di livelli dirigenziali con profilo e competenze non idonee al ruolo specifico e tecnico che rivestono. Il 67%, poi, lamenta il basso ricorso a figure tecniche, come gli ingegneri, anche là dove questi sarebbero effettivamente necessari. Il 62% ritiene di non disporre di strumentazioni sufficienti per svolgere in modo idoneo le proprie mansioni.
“Il quadro che emerge – ha aggiunto ancora il Presidente degli ingegneri Zambrano - appare non solo complesso ma anche demoralizzante sotto molti punti di vista, ed è per questo che il tema di una riorganizzazione radicale della PA dovrebbe essere al centro del dibattito nel Paese. Non solo. L’attività di progettazione in campo ingegneristico ha subito un vero processo di impoverimento negli ultimi anni, anche a causa di comportamenti poco condivisibili messi in campo dalla PA. Questa, anziché concentrarsi sul proprio ruolo di programmazione e di controllo delle opere ha assunto spesso, in modo anacronistico, la funzione di progettazione. Diciamo chiaramente che la progettazione interna alla PA non genera nessun valore, ma anzi innesca diseconomie. Come dimostra il nostro Centro Studi CNI analizzando l’esperienza della Legge Obiettivo 443/2001, nel caso di appalti con progettazione interna alla PA il costo delle varianti ha più che raddoppiato il costo dei progetti al momento della loro aggiudicazione. Quanto all’appalto integrato, è ad esempio quello che ha generato maggiori diseconomie, eppure è stata la forma più frequentemente scelta dalle PA per l’espletamento delle gare”.
Venezia 1 ottobre 2015